Ardauli, capitale dei palmenti rupestri e archeologia partecipata

Ardauli, capitale dei palmenti rupestri e archeologia partecipata

Palmento rupestre e vigne ad alberello, campagna di Ardauli, Oristano, Sardegna
(mia foto ripresa durante una visita in loco nel 2018)

Ricevo notizia di un evento appena conclusosi nell'entroterra sardo (grazie a Cinzia Loi, archeologa e membro dell’Associazione Paleoworking Sardegna), che mi da l’aggancio per riprendere un tema che mi sta a cuore e al quale fui iniziato da “Lady Etna” (al secolo Valeria Càrastro) in Sicilia, nella valle dell'Alcantara, alle pendici dell’Etna (qui il post di allora).

Ma volgiamo l’attenzione alla Sardegna, particolarmente al piccolo paese di Ardauli in provincia di Oristano, dove esiste una forma unica di patrimonio enologico e archeologico conosciuta come "palmenti rupestri" o "lacos de catzigare" in sardo locale. Queste sono strutture antiche scavate direttamente nella roccia affiorante, progettate per la pigiatura dell'uva e la raccolta del mosto. Ogni palmento è costituito da due vasche comunicanti attraverso un foro o un'apertura a canaletta, un design che ha resistito alla prova del tempo e che è ancora in uso in alcune aree.

La presenza di questi palmenti rupestri è particolarmente concentrata nelle colline che circondano Ardauli, un'area dove la viticoltura è praticata ancora oggi con metodi tradizionali. Qui, la vite è allevata ad alberello e l'aratura è spesso effettuata con l'asino, mantenendo viva una tradizione che si perde nella notte dei tempi. Questi palmenti sono più di semplici strutture; sono testimoni di un'epoca e di una cultura che valorizza la terra e i suoi frutti.

Recentemente, l'associazione Paleoworking Sardegna ha lanciato un'iniziativa di archeologia partecipata per catalogare questi palmenti. Hanno organizzato un concorso fotografico che ha invitato la comunità locale a inviare immagini dei palmenti situati nelle loro proprietà. Questo metodo di ricerca partecipata ha portato alla catalogazione di 64 palmenti, di cui 32 erano sconosciuti fino a quel momento. Il progetto ha anche coinvolto esperti di enologia e di archeobotanica, dimostrando come la collaborazione tra diversi campi possa portare a scoperte significative.

Ma la riscoperta e la catalogazione sono solo il primo passo. C'è un crescente interesse per la valorizzazione di questi siti, sia come attrazioni turistiche che come parte integrante dell'educazione culturale e storica della Sardegna. Grazie all’impegno sviluppato da Costantina Fadda, Sindaco di Ardauli, insieme al volontariato di diversi membri della comunità, alcuni itinerari eno-archeologici sono già in fase di sviluppo, e programmi educativi stanno introducendo le nuove generazioni a questo patrimonio unico.

I "lacos de catzigare" sono un tesoro nascosto della Sardegna che sta finalmente ricevendo l'attenzione che merita. Grazie a metodi innovativi come l'archeologia partecipata, c'è una nuova speranza per la conservazione e la valorizzazione di questo patrimonio culturale ed enologico.

Lo scorso giovedì 24 agosto, nell’ambito della “Sagra de sos culurzones de patata e de s’ortau” (ravioli di patata e “s’ortau”, una particolare e rarissima salsiccia locale, ma persino riconosciuta dall’Accademia Italiana della Cucina) organizzata dall’ Associazione San Quirico - Ardauli, l'Associazione Paleoworking Sardegna ha curato la visita guidata alla scoperta delle vigne storiche e de sos lacos de catzigare presenti nella vicina località di Manenzia. Ardauli si afferma sempre più come "Paese dei Palmenti" o - come recita una loro comunicazione - "Idda de Sos Lacos de Catzigare".

Qui sotto alcune immagini tratte dal sottoscritto dalla pagina Facebook di Cinzia Loi di Paleoworking Sardegna :

Foto di Paleoworking Sardegna e di Damiano Urru Flore.

Scorcio di un’antica struttura vitivinicola nei pressi di Ardauli
(mia foto ripresa durante una visita in loco nel 2018)

Infine, un grazie speciale con un abbraccio al caro Tonino Arcadu, titolare della cantina Gostolai in Oliena, Nuoro, il quale mi segnalò e poi organizzò l’incontro che mi fece conoscere l’ottima Cinzia Loi.

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