Il futuro dei vini No & Low Alcohol: tra numeri in crescita e sfide culturali — Aristide, il wine blog di Giampiero Nadali
Il futuro dei vini No & Low Alcohol: tra numeri in crescita e sfide culturali

Il futuro dei vini No & Low Alcohol: tra numeri in crescita e sfide culturali

Consumo globale di vini No & Low Alcohol secondo l’Osservatorio del Vino UIV-Vinitaly su dati IWSR

Il consumo globale di vini No & Low Alcohol è cresciuto costantemente negli ultimi anni. Secondo l’Osservatorio del Vino UIV-Vinitaly su dati IWSR, nel 2024 ha raggiunto 25,4 milioni di casse (9L) e un valore di 2,4 miliardi USD, con stime che proiettano il mercato a 33,8 milioni di casse e 3,3 miliardi USD entro il 2028. A colpire è il ritmo: +8,1% annuo di crescita in valore, contro appena +0,3% del vino tradizionale. Il segmento resta piccolo (1,2% del valore del vino totale), ma è in forte accelerazione.

I vini fermi No-Low sono destinati a crescere del +11,3% medio annuo, mentre gli spumanti No-Low cresceranno del +6,4%. In confronto, i corrispettivi segmenti tradizionali segnano crescite prossime allo zero. L’innovazione nel mondo del vino oggi sembra parlare No-Low, e lo fa con toni netti, soprattutto nei mercati internazionali. Il 63% del valore globale è oggi concentrato negli USA, seguiti da Germania e UK. In Italia, il comparto è ancora marginale (0,1% del vino totale), ma con un CAGR del +47,1% tra il 2024 e il 2028, si intravede una potenziale inversione di tendenza.

Nel dettaglio, il mercato 2024 è dominato dai Low Alcohol (63% del valore), con una crescita attesa dell’8,7% annuo. Tuttavia, anche i No Alcohol mostrano un dinamismo interessante (+7,1%). Tra le tipologie, spiccano i Low Spumanti (47% dello share), ma il segmento a più alta crescita è quello dei Low Fermi (+14,1% CAGR). Questo trend suggerisce un possibile riposizionamento delle strategie di prodotto verso etichette più “leggere” anche nel mondo dei rossi e bianchi.

La domanda di No-Low è trasversale, ma con una forte connotazione generazionale e di genere. In Italia, Gen Z e Millennials rappresentano il 69% dei consumatori di vini No-Alcohol, con una predominanza femminile del 65%. Negli USA, la distribuzione è più equilibrata per genere, ma il pubblico resta giovane e health-conscious. Comprendere questi target è essenziale per costruire una comunicazione e un'esperienza di marca rilevanti.

Uno sguardo al mercato USA rivela un’altra dinamica chiave: l’ascesa dei RTD’s (Ready to Drink), in particolare gli hard seltzer, che nel 2028 rappresenteranno il 46% del segmento. I consumatori americani bevono meno vino (46% dichiara un calo), preferendo bevande più leggere e immediate. Il livello di alcol preferito resta tra 3% e 7%, confermando la traiettoria verso il “light drinking”. Il vino italiano No-Low, se ben posizionato, può diventare un'alternativa naturale in questa fascia.

Le aziende italiane iniziano a muoversi: il 96% della produzione No-Low è destinata all’export, con Germania e Scandinavia in testa, seguite da Nord America. Il 60% prevede un incremento produttivo entro il 2025, ma la produzione resta sbilanciata su spumanti (83%) e No Alcohol (92%). Solo il 40% degli operatori sta considerando il reshoring della produzione in Italia. La GDO è il principale canale di vendita (75%), mentre l’Ho.Re.Ca resta poco presidiato.

Infine, le barriere al consumo restano: difficoltà di reperibilità (46%), gusto/qualità (28%) e concorrenza di altri No-Lo alcolici (39%). Ma i driver ci sono: stile di vita sano, guida, autocontrollo e curiosità.

La sfida è culturale, ma anche industriale: riusciremo come sistema vino a creare un’offerta No-Lo autentica, buona, ben distribuita e coerente con i valori del bere moderno?

Vignaioli Valle di Mezzane

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